Verossì (Albino Siviero)

Ritratto di Renato Righetti (Di Bosso)

olio e foglia oro su tavola
50 x 45 cm
1929

entro cornice costruita dall'artista

Opera pubblicata sul Catalogo "Ritratto nel Veneto", 2005, Banca Popolare di Verona e Novara

Verossí (Albino Siviero) Verona 1904 - Cerro (Verona) 1945

Compì i suoi studi alla Scuola d'arte applicata all'Industria, dove ebbe come insegnanti Carlo Donati e Antonio Nardi, e all'Accademia Cignaroli, ottenendo il primo premio ad ogni corso. All' Accademia incontrò Di Bosso ed insieme a lui, ad Ambrosi, Aschieri, Scurto e Tomba fece parte fin dall'inizio del Gruppo Futurista Veronese, la cui costituzione fu preannunciata da «L'Arena» già nel 1929, che si contrapponeva alle Esposizioni della Società di Belle Arti.

Nell'aprile 1931 venne organizzata la I Mostra del Sindacato Pittori e Scultori alla quale Siviero partecipò «con gustosi paesaggi che risentono della maniera "novecentistica"» e tuttavia «sono pieni di aria e di luce e dimostrano in lui una modernità di concezione e una tecnica veramente notevole».

A sancire l'ufficialità e l'importanza del futurismo veronese, lo stesso Marinetti giunse nel novembre a Verona, dove tenne un lungo discorso sull'arte di Umberto Boccioni e il significato della sua presenza nella città scaligera; quindi, scandalizzando l'ufficialità, arbitrò polemicamente l'elezione del poeta-record.

Siviero prese parte ancora nello stesso anno, insieme ad altri futuristi veronesi, alla Mostra Antoniana d'Arte Sacra di Padova.

La pittura di Siviero maturò verso la fine degli anni Trenta, e nel 1940 insieme a Di Bosso espose a Verona, col nome d'arte di Verossì datogli da Marinetti, una serie di acquerelli che illustrano la leggenda di Romeo e Giuletta portata di recente sulla scena a Castelvecchio. Sono sette episodi, in cui il movimento è ottenuto attraverso il contrasto dei colori, piuttosto che con le tipiche soluzioni formali futuriste, ed esprimono una forte carica emotiva e patetica, tanto da attirargli da parte del critico de «L'Arena» l'appellativo di «figlio del primo Ottocento». E ancora a fianco di Di Basso nell'esecuzione di circa trenta pannelli a tempera, illustranti l'attività rurale in genere, in occasione dell'Esposizione del 1941 nei Saloni del Dopolavoro e poi, l'anno dopo, al Premio Verona.

Marinetti lo annoverò tra gli aeropittori nel Collaudo ad Eroi, macchine, ali scritto da Di Bosso nel 1942.

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