Mario Salazzari

Il violoncellista

bronzo
27 x 16 x 12 cm
1944

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Diana cacciatrice

bronzo
79 x 50 x 13 cm
1940

Non disponibile

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Oco

bronzo
27 x 16 x 12 cm
1944

Non disponibile

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Il lupo

bronzo
72 x 37 x 46 cm
1972

Opera unica

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Mario Salazzari nasce a Lugagnano di Sona (Vr) il 16 novembre 1904 in una famiglia numerosa. Il padre, capomastro, sceglie nel 1906 la via dell’emigrazione in Germania e allo scoppio della guerra la famiglia rimpatria andando a vivere alle Giare, nel quartiere di Tombetta a Verona. Mario riprende la scuola elementare, ma fino al quarto anno a causa delle precarie condizioni economiche.

La sua passione istintiva per il disegno viene notata nel 1918 dallo scultore Eugenio Prati che gli offre lavoro nella bottega di arte funeraria di suo fratello Celeste. Nascono in questo periodo scenette di vita quotidiana: La ferratura del cavallo, Anziani bevitori all’osteria, Serenata sotto il lampione, Carretta degli zingari, Alpino con il mulo. Esegue anche il gruppo con Paolo e Francesca e partecipa a un concorso pubblico per il Monumento a Don Giovanni Bosco classificandosi secondo. Si iscrive nel 1919 ai corsi dell' Accademia Cignaroli e vince già nel 1920 il concorso per il Monumento ai Caduti in Borgo Roma  (Vr) inaugurato nel 1925. I suoi legami del tempo comprendono gli artisti “secessionisti” di Ca’ Pesaro a Venezia: ne sono testimonianza i bassorilievi alla base dell’obelisco celebrativo con il loro raffinato disegno.

Aperto il primo studio in via Duomo, Salazzari vede susseguirsi una serie di committenze pubbliche, oltre a cimentarsi in opere di piccolo formato come L’incantatrice, di cui non è stata recuperata traccia, e Chiaro di Luna, alla Galleria d’Arte Moderna Achille Forti di Palazzo della Ragione. Il successo del monumento di Borgo Roma gli porta gli incarichi per il Monumento ai Caduti di Gazzo Veronese e il Monumento ai Caduti di Raldon, sempre degli stessi anni, ma concepito invece con figura a tutto tondo poggiante su un blocco di marmo sbozzato.

Nel 1924 un’altra grande occasione gli viene durante il servizio militare alla caserma del Genio Pontieri di Verona: una grande targa celebrativa dell’arma collocata allora in caserma, ma posizionata dagli anni ‘60 in Lungadige Capuleti. Ne deriva l’incarico di approntare il bozzetto del Monumento al Pontiere d’Italia che si inaugurerà il 27 maggio del 1928 a Piacenza alla presenza del re Vittorio Emanuele. Nel ’34 partecipa al concorso indetto per la realizzazione di gruppi equestri destinati al completamento del ponte della Vittoria di Verona. Su 62 bozzetti presentati da parte di 44 concorrenti, quelli di Salazzari vengono proclamati vincitori per il lato verso città nel 1936. Verranno scelti con un nuovo concorso nel 1937 i gruppi di Angelo Biancini per il lato esterno. Il Comune di Verona gli assegna lo studio in Vicolo Vetri perché possa realizzare i due gruppi, compiuti e solennemente inaugurati nel gennaio del 1941 per essere tolti pochi anni dopo, al fine di proteggerli dai bombardamenti (saranno ricollocati nel ’55).

La guerra incalza di nuovo e dopo l’8 settembre del ’43 Salazzari si impegna nella Resistenza.

Un nuovo incarico gli arriva dall’Associazione Nazionale dei Partigiani d’Italia per il Monumento al Partigiano inaugurato il 27 aprile del ’47 in piazza Bra alla presenza del Sindaco Aldo Fedeli e del prof. Egidio Meneghetti, rettore dell’Università di Padova. Nello stesso anno realizza tre lunette all’interno del ricostruito Municipio di Verona. È il periodo nel quale insegna alla Scuola Brenzoni di Sant’ Ambrogio di Valpolicella: insieme agli studenti Salazzari progetta l’architrave del portale della chiesa di Ceraino (Vr), in marmo rosa e in stile neoromanico, e Le gesta dell’arcangelo San Michele per l’archivolto della chiesa omonima di Gaium (Vr).

Tra il ’50 e il ’55 riceve l’incarico per Il monumento funebre di Alfredo Fuganti di Trento raffigurante S. Francesco che parla agli uccelli. L’iconografia viene utilizzata anche per altri cimiteri, a Palazzolo sull’Oglio e in provincia di Taranto.

Del ’58 la targa bronzea dedicata alla Divisione Pasubio, nel largo omonimo a Verona. La dimensione monumentale non sembra più stimolante per Salazzari anche se ci tornerà più tardi e l’artista preferisce sempre più una produzione di piccolo e medio formato nella quale si evidenzia il mutamento radicale del suo linguaggio (da lui denominato “del vuoto per il pieno”) visibile nella sua prima mostra personale nel ’64 alla galleria Notes di Verona. Vi sono esposte alcune formelle per il portale della Cappella Pomari inaugurata quello stesso anno al Cimitero Monumentale di Verona, accanto alle figure del nuovo filone animalista con RagnoVacca all’albero, Disegno plastico, Rospo, PollastroTacchino (acquistato alla sua morte dal Museo di Castelvecchio dove si può vedere nella sala di lettura della Biblioteca) come anche del filone mitologico e religioso con lavori come Giovane centauro innamorato, Susanna, Nearco, Adamo ed Eva. Infine due ritratti, il Busto di Egidio Meneghetti e il bellissimo Violoncellista che rappresenta l’amico Cesare Bonzanini. La poetica del “vuoto per il pieno”, già messa in atto nell’Anima addolorata, attraversata dalla luce come un fantasma, posta nel 1960 in alto sulla Cappella Paini del Cimitero Monumentale di Verona, raggiunge risultati molto alti nel portale bronzeo per la Cappella Pomari, poco distante dalla Paini.

Salazzari ritorna poi a cimentarsi con la misura monumentale nel 1966, con il Monumento ai Martiri di Cefalonia e Corfù collocato sul bastione della circonvallazione Oriani (Vr), e nel 1970 con il Monumento ai Caduti di guerra di Palù (Vr), scegliendo simbolicamente la figura di San Giorgio patrono del paese. Gli viene anche commissionato un Monumento ai Partigiani per Mantova che però non verrà mai realizzato e di cui rimane il bozzetto in gesso smembrato in due collezioni private. Abbondano le piccole figure di animali e mitologiche mentre si dedica sempre più  alla poesia. Nel 1982 si separa dopo 50 anni di matrimonio da Maria Bossi e decide di condividere la sua esistenza con quella dell’ex partigiana, e a sua volta scultrice, Giovanna Rossi. Muore a Verona il 6 giugno del 1993.

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