Lago di Garda
olio su tela
30 x 40 cm
1935
Opera esposta:
XIII Mostra Commemorativa della Fondazione
della Biennale di Venezia del 1935;
XII Biennale Internazionale d'Arte di Venezia del 1934
Non disponibile
Orazio Pigato nasce a Reggio Calabria il 6 marzo 1896 e muore a Verona il 27 giugno 1966.
Si diploma in Pittura alla Cignaroli nel 1915 e nel 1935 diviene docente presso la Regia Scuola d’Arte (il futuro Istituto d’Arte Nani, oggi Liceo Artistico Boccioni-Nani). Con Farina e Zamboni inizia il suo percorso di rara semplicità poetica (come annotano Ugo Nebbia e Carlo Carrà ) che lo segnala giovanissimo alle giurie regionali come quella di Vicenza del 1920 e internazionali come quella di Venezia.
La sua pittura ha uno sviluppo lineare che prende le mosse dalle secessioni viennesi e monacensi e sviluppa gli stessi temi che appassionano e appassioneranno tutti i giovani pittori del primo ventennio del Ventesimo secolo. A questa impronta secessionista Pigato aggiunge un sempre più attivo riferimento post-impressionista, con accostamenti anche a Corot, oltre che a Sisley e Marquet e non mancano «impressioni» alla Matilde Sartorari (che con lui espone a Vicenza nel 1920 ed è per alcuni aspetti tonali non lontana dalla sua pittura) e Pio Semeghini.
La fama presto acquisita, la fraterna amicizia con i colleghi e la frequentazione degli incontri e dei confronti che si tengono a Villa Pavarana, arricchiscono la sua vena poetica e permettono a Pigato di approfondire i temi della sua ricerca: nature morte, fiori, paesaggi e contrade.
Di un inedito fondo pigatiano, un piccolo cartone con due scarponi sgangherati (si tratta forse dei suoi scarponi militari, è infatti decorato con la Croce al merito), dipinti con densa pasta di colore, giocata quasi a strati. Questo piccolo olio non è l’unico dei primi anni di ricerca che, confrontandosi con il complesso contesto cittadino (Verona, anche grazie alla sua antica Biennale, è città non secondaria nel panorama artistico italiano del primo Novecento) trova la sua strada: colori attenuati, svaporati e vaporosi insieme, sui quali la luce addensa all’interno delle forme le sue luminescenze e bagliori. Questo avviene già con i paesaggi degli anni Venti e Trenta (specialmente quelli dedicati alle nevicate). E poi i suoi fiori, in mazzi o in cestini: i quadri che ogni collezionista veronese e non solo, possiede ed ama.
Non è solamente in questi quadri il meglio di Pigato: si pensi a Barche in secco a Chioggia (firmato e sicuramente dei primi anni Trenta, esposto nel 1997 all’Officina dell’Arte) e ad una stupefacente ripresa alla Marquet, Auxonne, firmato e datato 1966. Per sottolineare con questo suo ultimo quadro una costante presenza culturale nella pittura di Pigato, che non dimentica le sue origini culturali e sentimentali, anche quando gli sviluppi sembrano averle totalmente disperse e dimenticate.
Un’ulteriore conferma viene da questa breve nota di Alberto Busignani a commento del quadro Colline veronesi presentato alla XII Mostra Nazionale Premio del Fiorino del 1961: «Nella sua pittura un colore quanto mai sensibile alla luce e al tono si affianca a un’ elegante organizzazione formale. È pittore di sensibile aderenza figurativa».
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